DETTAGLIO NEWS DAL PROVINCIALE
28/12/2015 - UFFICIO STAMPA

Documento del Segretario Generale scriito per  "La Sicilia" sulle prospettive della Provincia di Ragusa


   

                   Secondo l'ultimo rapporto Istat il divario tra ricchi e poveri è cresciuto portando la Sicilia in assoluto al primo posto in Europa per la diseguaglianza economica con l'indice di 8,9 a fronte del 6,7 dell'intero Mezzogiorno.     Solo la Romania sfiora l'8.

Il reddito medio pro-capite dei siciliani è di 12932,00 € contro i 17539,00 € di media nazionale.

            E' aumentata la fascia di povertà relativa, ben 250 mila famiglie sono nella fascia di povertà assoluta e 1182 siciliani guadagnano più di 500 mila euro annui.

            Sconcertante, poi, il dato fornito da “ Riscossione Sicilia “ secondo cui gli evasori siciliani nascondono al fisco 10 miliardi di euro, in una Regione con un buco di bilancio spaventoso, assetata, stracolma di rifiuti, con la peggiore viabilità del Paese, con una sanità a pezzi, con un terzo dei giovani che fuggono altrove e con il precariato della pubblica amministrazione mortificato.

In questo quadro allarmante e socialmente da codice rosso la provincia di Ragusa, secondo certa stampa sensazionalistica, viene dipinta come il nuovo Eldorado solo perchè c'è l'unico concessionario Ferrari dell'isola, c'è un alto numero di contribuenti sopra il mezzo milione di euro annui anche se si riconosce che i ragusani non ostentano la loro ricchezza.

            Ma è proprio così? Assolutamente NO!

Vero è che il reddito pro -capite ragusano si conferma ancora tra i più alti dell'intero mezzogiorno,  ma questa non è una novità. È un trand che dura dalla fine degli anni '60 ma la cosiddetta “ isola nell'isola “ oggi è mutata.

            Hanno chiuso o si sono ridimensionate piccole imprese e micro imprese, oggi ce ne sono attive 30 mila ma 4800 sono scomparse negli ultimi due anni.

            La crisi ha distrutto il 25 % del tessuto produttivo ibleo cancellando centinaia di posti di lavoro nell'edilizia e nell'indotto, nel terziario e nella grande distribuzione e persino in agricoltura.

            Irreversibile è diventato il processo di deindustrializzazione: ANCIONE, TIDONA PREFABRICATI, COLACEM, METRA ed ora è in pericolo VERSALIS e la chimica.

            Negli ultimi 5 anni il tasso di occupazione stabile è passato dal 45,4 % al 36 %, la disoccupazione dall' 8,1 % al 20,1 %, quella giovanile e femminile è difficile da decodificare ma supera il 35 %. Anche qui l'aiuto di familiari ( genitori e nonni ) funge da welfare.

            È possibile invertire questo processo in questa fase caratterizzata da segni di ripresa anche se deboli? Credo proprio di si e lo dico da dirigente sindacale e da cittadino.

            È noto infatti che il SISTEMA IBLEO è nato e si è strutturato attraverso la cultura delle trasformazioni ( agricoltura ), lo sviluppo territoriale incentrato sulle risorse locali materiali e immateriali e sui beni culturali e ambientali, il ruolo strategico della ricerca e della formazione ( Corfilac ed ex Facolta di Scienze Agrarie ), la lotta alla mafia e alla criminalità.

            Questo sistema, questo modello si è appannato: il rischio è l'omologazione al resto della Sicilia. Molteplici le cause: l'economica globalizzata, lo strapotere della Finanza, le scelte anti – meridionali e liberiste degli ultimi Governi, l'inadeguatezza/indifferenza dei governi regionali, la politica ridotta a cenerentola e quindi incapace di ridisegnare un nuovo modello di sviluppo ed una classe dirigente iblea che pensava di sopravvivere sui fasti del passato.

            Adesso è arrivato il momento di reagire: bisogna definire un nuovo modello di crescita sostenibilesupportatodalla infrastrutturazione del comprensorio ( Porto di Pozzallo, completamento autostradale, viabilità adiacente l'aeroporto di Comiso, autoporto di Vittoria, riammodernamento ferroviario ) finalizzatoalla piena e qualificata occupazione, tesoalla valorizzazione, tutela e fruizione del patrimonio culturale ed ambientale, voltoa potenziare              l' artigianato di qualità, le professioni locali e il turismo permanente.

             Bisogna puntare sui fattori territoriali non delocalizzabili: dai siti UNESCO alle infinte potenzialità collegate ai prodotti DOP, IGP, DOCG, IGT. diventati fonte di ricchezza e di grande attrattiva.

            Solo valorizzando e ottimizzando le nostre risorse umane e la nostra creatività, la nostra propensione imprenditoriale e commerciale, i nostri beni e prodotti identificativi del territorio, dall'agroalimentare all'eco-sistema dell'area montana, passando per recupero del patrimonio edilizio rurale e dei centri storici, per un moderno riassetto idrogeologico e per l'utilizzo di energie alternative e rinnovabili, questo lembo di Sicilia e tutto il Sud – Est può ripartire e innescare un virtuoso processo di sviluppo e di occupazione lasciandoci alle spalle il lavoro assistito.

            Se per le infrastrutture dobbiamo ancora questuare da Renzi e Crocetta, per il resto è tutto in capo alle forze attive del territorio: sindaci, deputazione, forze sociali e datoriali, imprenditoria storica e giovanile, associazionismo, devono avviare una nuova stagione di protagonismo territoriale.

            Uno sterminato esercito che ha il dovere di mobilitarsi, scendere in campo e riscrivere un nuovo patto per il futuro di Ragusa.

 

Ragusa, Dicembre 2015

 

Giovanni Avola