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24/03/2015 - UFFICIO STAMPA

Jobs Act. Legge ingiusta e sbagliata

 

Jobs Act. Coro unanime. Legge sbagliata e ingiusta. Convegno alla sala Avis

 

Il Jobs Act, ovvero la riforma del lavoro nota come la legge 183/2015, al centro di un incontro promosso dalla Cgil di Ragusa, alla sala Avis,  dove la contestatissima riforma è stata illustrata in tutte le sue molteplici sfaccettature. Il giudizio politico sulla norma voluta fortissimamente dal governo Renzi è netta.

Monica Genovese, segretaria regionale della Cgil Sicilia, non ha dubbi: ”E’ una legge iniqua e sbagliata. E’ chiaro che il governo punta sul capitale e sulla finanza ed è contro il mondo del lavoro.

E’ una norma non condivisa dal sindacato né potrebbe essere diversamente atteso che nessun confronto di merito sulla materia è stato compiuto. Confronto doveroso e legittimo visto che la norma decostruisce un caposaldo dello statuto dei lavoratori come l’art. 18, con una procedura che nega ogni tutela e fa retrocedere  diritti conquistati con lotte e sacrifici dalle generazioni precedenti.

Né il decreto legislativo sugli ammortizzatori sociali esprime interventi equitativi nel senso che una bella fetta di lavoro precario rimane fuori da ogni tutela”.

Il tema si è sviluppato su piani diversi. Salvatore Terranova, segretario provinciale della Cgil di Ragusa ha descritto, nell’introduzione al convegno,  il quadro storico analitico con cui il provvedimento nasce che è il frutto del primato dell’economia e della finanza sui diritti e non solo quello del lavoro e su questioni che sono diventate patrimonio legislativo dell’Italia così come si configura la riforma della costituzione.

Non è chiaro che il Jobs act riuscirà a determinare nuovo lavoro. I dati forniti dal dr. Giovanni Vindigini, direttore dell’ufficio provinciale del lavoro, non sembrano andare in questa direzione. Le 79mila richieste pervenute all’INPS dalle aziende per l’applicazione della nuova norma riguardano per il 20% nuovo lavoro, ma per l’80% si tratta della stabilizzazione del vasto mondo del precariato che va incontro alle regole delle tutele crescenti. Un’aspettativa nuova potrebbe essere quella della “Garanzia Giovani” che non da un effetto occupazionale immediato. Su 1500 iscritti all’ufficio del lavoro di Ragusa (si tratta di giovani compresi tra 18/29 anni) solo 1000 hanno risposto alla convocazione per il tirocinio di primo livello che sono poi diventati 700 per quello gestito dal Ciapi, secondo livello, prima che le aziende dovranno decidere il loro impiego. Non si tratta, come è stato rilevato, di uno strumento entusiasmante ma la Regione Sicilia, che dovrà spendere 174 milioni di euro in questa direzione, si dichiara fiduciosa sul successo di questa iniziativa.

Non si poteva pretendere qualcosa di diverso dalla nuova riforma del lavoro. Votata da un parlamento di nominati, puntualizza il prof. Antonio Barone, (grazie ad una legge dichiarata anticostituzionale proprio dall’attuale presidente della Repubblica quando rivestiva la carica di giudice della Consulta), ha posto, come in altri casi, centrale il ruolo del governo che di fatto è diventato organo legiferante: Non si è tenuto neanche conto dei pareri delle commissioni parlamentari su un tema così delicato e importante come la riforma del lavoro. Ed è chiaro l’indirizzo dell’esecutivo. Il diritto viene compresso dalle esigenze economiche; nel senso che questo è condizionato dalle necessità del mondo finanziario e quindi del capitale che determina le linee di indirizzo del Paese. Il  Jobs Act muove dagli interessi dell’impresa che in questo senso è favorita rispetto al mondo del lavoro. E’ questa logica imperante nel Paese che ha partorito nel metodo e nel merito i decreti di delegati di attuazione delle legge.

Il quadro tecnico del Jobs Act è stato illustrato da Peppe Giavatto, responsabile dell’ufficio vertenze della Cgil di Ragusa che nei fatti dovrà governare nei casi specifici gli istituti collegati alla nuova riforma del lavoro ed ha espresso un quadro disarmante nel senso che dal 7 marzo 2015, giorno di entrata in vigore della riforma, le tutele e i diritti sono notevolmente diminuiti a cominciare dalla limitazione dei casi di reintegrazione del posto di lavoro in caso di licenziamento e dai casi, quelli ricorrenti, del pagamento di una indennità di licenziamento. Il saldo tra le forme di entrata e di uscita dal mondo del lavoro sono tutte dalle parte di quest’ultima. Né va meglio con gli ammortizzatori sociali, dispersi in tanti acronimi, come ha puntualizzato Francesco Maltese, responsabile del dipartimento politiche del lavoro della Cgil di Ragusa, che oltre a non garantire sussidi dignitosi, lascia fuori nutrite sacche di lavoratori.

“Abbiamo fatto il punto su una legge-commenta Giovanni Avola, segretario generale della Cgil di Ragusa - che è una arretramento pericoloso dei diritti che si legano al mondo del lavoro.

Il Governo e il parlamento hanno svelato le loro intenzioni e gli obiettivi puntando sulle imprese e lasciando scoperto il campo delle tutele sia per quanto riguarda il mantenimento del posto di lavoro sia per quello legato agli ammortizzatori sociali a cui rimangono estranee alcune categorie di lavoratori. Si tratta di una legge ingiusta,  che non ha tenuto conto delle opinioni del mondo del lavoro che invece poteva contribuire a costruire un provvedimento più e quo e meno mortificante per i diritti dei lavoratori”.

 

L’Ufficio Stampa